Dentro questo vasto “noi” di pulsanti antichi pensieri connessi, c’è resilienza. Dopo silenzi pesanti, lotte intestine, notti oscure nelle quali ogni movimento è spento ed ogni speranza sopita, il gelo dell’inazione è una prigione invisibile. La paura serra la gola, blocca i passi e inibisce il sonno. In quei momenti di stasi apparente, nel profondo, cova una piccola scintilla. La vedi? È un dato ancestrale: si innesca con un minimo movimento. Di colpo urge la necessità di protendersi, si dichiara una voce radicata nella nostra stessa essenza, che ci ricorda che la natura è divenire, è trasformazione, è cambiamento, è libertà nonostante i vincoli. Quella scintilla si riaccende in continuazione, anche quando tutto sembra perduto e non oseresti mai allungare quell’arto intorpidito. Lo puoi fare e sarà come un primo respiro dopo un’apnea. Non c’è un comando esterno. È una spinta interiore, il bisogno primario di uscire dall’immobilità. Con esso si risveglia anche la consapevolezza. Non è una strada spianata, ma un sentiero irto di ostacoli che si snoda, invitandoci a seguirlo. Al suo fianco ci sarebbe anche un’autostrada fornita di tutti i comfort. Quale sarà mai la strada più illuminante?